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Mortalità, impennata misteriosa nel 2015: “Quei 45mila scomparsi come in una guerra”
By Archimede on 21.01.16 10:50 | Permalink | Commenti (0)
Mortalità, impennata misteriosa nel 2015: “Quei 45mila scomparsi come in una guerra”
L’Istat: decessi aumentati dell’11%, ai livelli degli anni Quaranta. E gli esperti si interrogano: ci ammaliamo di più o ci curiamo peggio?
di MICHELE BOCCI
ROMA – Come durante la guerra, ma senza la guerra. Come se vivessimo sotto i bombardamenti. Uno studio interroga e preoccupa esperti in mezza Italia: nel 2015 il numero di morti nel nostro Paese è salito dell’11,3%. In un anno significherebbe 67mila decessi in più rispetto al 2014 (ad agosto sono già 45mila), per un incremento che davvero non si vedeva da decenni. I dati del bilancio demografico mensile dell’Istat raccontano qualcosa di abnorme, che già impegna i demografi e presto, quando saranno note le fasce di età e le cause, darà molto da lavorare anche agli esperti della sanità. Le schede appena pubblicate sul sito dell’Istituto di statistica arrivano fino all’agosto scorso e dicono che nei primi otto mesi sono stati registrati 445mila decessi, contro i 399mila nello stesso periodo dell’anno precedente. Si è passati cioè da una media di meno di 50mila al mese a una di oltre 55mila.
“Il numero è impressionante. Ma ciò che lo rende del tutto anomalo è il fatto che per trovare un’analoga impennata della mortalità, con ordini di grandezza comparabili, si deve tornare indietro sino al 1943 e, prima ancora, occorre risalire agli anni tra il 1915 e il 1918”, scrive sul sito di demografia Neodemos il professor Gian Carlo Blangiardo. “Certo, si tratta di dati provvisori, ma negli anni scorsi l’Istat ha sempre confermato alla fine dell’anno i numeri pubblicati mensilmente. Magari ci saranno correzioni, ma nell’ordine di alcune centinaia di casi. L’unità di grandezza che ci aspetta è quella”, chiarisce il docente. Nel 2013 e nel 2014, tra l’altro, il numero dei morti era calato, ma sempre di poco: mai si erano raggiunte percentuali in doppia cifra.
Che cosa sta succedendo? Non è ancora chiaro. Anche Agenas, l’agenzia sanitaria delle Regioni, ha deciso di avviare un approfondimento. “Stiamo lavorando per dare una spiegazione a questo fenomeno”, dice il direttore Francesco Bevere. I ricercatori raccolgono i dati dei decessi negli ospedali, perché in quel modo è più semplice risalire alle cause. Sono già state contattate alcune Regioni, tra le quali l’Emilia Romagna e la Lombardia, che avrebbero confermato tassi di crescita dei decessi in corsia in linea con quelli registrati dall’Istat sulla popolazione generale.
Per ora si può lavorare solo sui nuneri mensili, ma anche quelli possono essere comunque utili. Intanto, gli incrementi maggiori si sono avuti a gennaio, febbraio e marzo (+6, +10 e +7mila morti rispetto all’anno precedente). Si tratta dei mesi più freddi, quelli in cui colpisce l’influenza. Come noto, l’anno scorso la vaccinazione è calata molto a causa di un allarme poi rivelatosi falso partito dall’Aifa riguardo ai vaccini.
Difficile però che la malattia stagionale da sola abbia prodotto effetti di quelle dimensioni. La conta dell’Istituto superiore di sanità si è fermata a quota 8mila morti provocati dal problema con la vacinazione. E la crescita dei decessi non si giustifica neanche con l’invecchiamento della popolazione, che secondo Blangiardo può essere responsabile di un incremento di circa 15mila morti l’anno. Un altro mese che ha segnato una differenza importante, circa 10mila casi, è luglio. Ma il caldo quest’anno non è stato particolarmente pesante. Insomma, il giallo delle morti in Italia
non è risolto. E sullo sfondo c’è un timore, sollevato sempre su Neodemos. Che la crisi economica e i tagli al Welfare c’entrino qualcosa. Ci vorranno mesi di studio per capire se davvero tra le cause della “nuova guerra” ci sono anche queste.
fonte: https://www.repubblica.it/cronaca/2015/12/23/news/il_mistero_del_2015_quei_45mila_scomparsi_come_in_una_guerra_-130020393/
Una domanda sovviene: nel computo statistico sono inseriti qualunque individuo deceduto in Italia,ovvero ancheun cittadino straniero ma residente,anche se temporaneamente in Italia? In caso affermativo dovremmo poi vedere quanti di questi stranieri provengano da paesi ue, Usa,sud america,Asia e così via si no a considerare i clandestini o profughi di guerra. A questo punto dovremmo prendere in seria considerazione che la maggior parte provenga da paesi in guerra,con scarsità di cibo,assistenza medica e soprattutto senza farmaci,medici e strumentazioni per contrastare le cause dei decessi.Se nel computo statistico non sono considerati i cittadini stranieri,in particolare i clandestini, allora la cosa è ben più seria:dall’impossibilità di accedere a cure costose,a fronte dei tagli lineari all’assistenza sanitaria,sino all’emergenza clandestini che non monitorati a seguito del loro allontanamento volontario dai c.i.e.,ovvero persone che NON sono vaccinate secondo i standard occidentali e che quindi facili prede di pandemie e quant’altro. Il vero problema per i clandestini,o migranti come una certa sinistra ama definirli,è che questi si allontanano da questi centri di controllo edi smistamento prima di essere censiti in modo serio,con impronte ,dna,dati anagrafici di provenienza,conseguentemente lo stesso individuo potrebbe essere censito nell’arco dell’anno in più luoghi deputati al censimentoal quale l’individuo o nucleo famigliare potrebbe fornire dati anagrafici sempre diversi.Da qui a dare i numeri a lotto come dati statistici il passo è breve. A questo punto sovviene constatare che ha ragione l’Ue quando afferma che l’Italia di Alfano e Renzi,con suo pressappochismo endemico,non giova al contrasto all’immigrazione clandestina e,cosa ancora più rilevante, alla salute dei cittadini italiani che non devono vedersi costretti a vaccinarsi.Su l’AIFA e la ministra Lorenzin,che non si comportano come parte terza tra le case farmaceutiche ed il cittadino abbisognevole di informazioni sicure per decidere in modo CONSAPEVOLE ma come parte coinvolta.L’Italia,in buona sostanza, ha bisogno di governanti e dirigenti con un’approccio serio e terzo verso la propria cittadinanza. Sarà poi cosi?